PILLOLE ROSSONERE: Giancarlo Mambrin
Era un pomeriggio felice, di quelli che restano appiccicati addosso nel tempo. Sciamavamo per strada a continua festa della vittoria: prossimi alla vetta, un punto dalla prima in classifica. Il nuovo campo sportivo ora si chiamava San Francesco: nobile, umile e coraggioso nume tutelare. Proprio come i nostri guerrieri. Venivamo dalla categoria inferiore, venivamo da un campionato di pane senza companatico, venivamo dalla terra negli occhi e dalle castagne nelle tasche perche’ il nostro comunale era ormai ricordo e il nostro futuro era lo stadio e il prato, verde bello, un giardino con la scusa della partita.
Quel pomeriggio noi eravamo felici e festanti di rosso e di nero per le vie del centro, per la piazza del liceo Nei nostri occhi i magici momenti di quella partita: ancora quel tiro dall’angolo, sembrava sbilenco, ma girava pazzesco verso la porta. Una trottola con il fiato sospeso, si insacca, saltiamo, gridiamo. Il guerriero dal nobile veneto nome corre, corre, corre: davvero e’ il nostro diamante. E siamo li’: un punto dalla prima. Quel pomeriggio davanti al liceo, dopo la trottola il nostro guerriero abbraccia e passeggia con una bellissima dama: lei gli occhi neri e i capelli lunghi e corvini del sud, lui gli occhi ridenti e lunghi capelli di veneto biondo. Noi intorno a loro: sembrava non vero toccare, festare e saltare con loro. Il nostro guerriero molosso era Giancarlo Mambrin (1973).